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giovedì 13 ottobre 2011

L’assunzione materna di Omega-3 influenza lo sviluppo dell’intestino e la risposta immunologica

Gli acidi grassi polinsaturi Omega-3 possono supportare lo sviluppo dell’intestino nel feto e migliorare la risposta immunologica delle cellule intestinali a batteri e agenti esterni riducendo la possibilità che il bambino soffra di allergie, secondo una nuova ricerca nell’animale. 
Lo studio, pubblicato nel Journal of Physiology, evidenzia che una dieta materna ad alto tenore di Omega-3, permette uno sviluppo migliore dell’intestino. Questo studio sull’animale ha confrontato infatti gli effetti dell’assunzione di Omega-3 e di placebo durante la gravidanza e l’allattamento. Dopo 14 giorni di trattamento è stato rilevato un aumento della permeabilità della parete intestinale simile nei due gruppi. Dopo 28 giorni però la permeabilità è risultata maggiore nel gruppo trattato con Omega-3 rispetto al controllo.
I ricercatori ipotizzano che gli Omega-3 modifichino la permeabilità intestinale mediante variazioni neuro-plastiche del sistema nervoso enterico del figlio. L’introduzione di Omega-3 durante la gravidanza e l’allattamento influenza la funzionalità della barriera intestinale del neonato e può quindi ridurre il rischio di allergie negli anni seguenti. La barriera intestinale gioca infatti un ruolo fondamentale nelle reazioni immunologiche del neonato.
Studi clinici precedenti avevano suggerito che l’introduzione di Omega-3 durante la gravidanza riducesse il rischio di allergie nel neonato. Questo studio sull’animale offre ora una spiegazione del meccanismo d’azione attraverso il quale questi acidi grassi influenzano le risposte immunitarie. Lo studio evidenzia che il sistema immunitario del bambino, grazie all’Omega-3 assunto dalla madre, si sviluppa più velocemente portando ad una migliore funzionalità immunologica ed una minore probabilità di allergie.
Bibliografia: De Quelen F. et al. ‘n-3 polyunsaturated fatty acids in the maternal diet modify the postnatal development of nervous regulation of intestinal permeability in piglets’ The Journal of Physiology 2011 Sep 1; 589(Pt 17): 4341-52.
(interamente tratto da: Solgar News del 13 ottobre 2011)

lunedì 10 ottobre 2011

Le "Smart Drugs" queste sconosciute?

Con il termine “Smart Drugs”, “droghe furbe”, si definiscono tutti quei composti sia di origine naturale che sintetica non proibiti dalle leggi vigenti sugli stupefacenti che possono contenere principi attivi con presunte o accertate proprietà psicoattive (1).
La definizione di “Smart Drugs” è in continuo cambiamento, non solo per i diversi tipi di sostanze che di volta in volta rientrano in questa categoria, ma anche da un punto di vista concettuale e culturale. Negli anni ‘90 il termine “Smart Drugs” si diffuse negli Stati Uniti per indicare alcuni farmaci usati in medicina come coadiuvanti delle malattie senili. Nel 1991, fu pubblicato “Smart Drugs and Nutrients”, un libro scritto dal gerontologo americano Ward Dean e dal giornalista John Morgenthaler in cui si descrivevano una serie di sostanze con “azione sul cervello”, dette “nootropiche”, in grado di resuscitare ricordi dimenticati, di aumentare il quoziente di intelligenza, di aumentare la potenza sessuale, come ad esempio il piracetam o la lecitina (2). Solo alcune sostanze di origine vegetale contenenti principi psicoattivi erano menzionate nel libro. In realtà la dizione “americana” di “Smart Drugs” è rimasta invariata nel tempo: ancora oggi negli Stati Uniti le “Smart Drugs” sono una serie di sostanze farmacologicamente attive, che comprendono anche gli steroidi, in grado di agire sulla “performance” generale dell’individuo.
A partire dalla fine degli anni ´90 invece, in Europa arriva la moda studentesca dell’uso di sostanze naturali o sintetiche vendibili legalmente con presunte indicazioni di efficacia sulla concentrazione e sulla memoria o con proprietà psicoattive.
Attualmente non esiste una terminologia univoca sul termine “Smart Drugs”: si parla infatti contestualmente di droghe vegetali, droghe etniche, droghe etnobotaniche, droghe naturali, biodroghe, etc.. Per taluni il termine “Smart Drugs” indica tutta una serie di bevande energetiche o pastiglie stimolanti (che tentano di simulare l’effetto dell’ecstasy) che assicurano effetti eccitanti pur rimanendo nella legalità (caffeina, ginseng, etc.): vengono proposte e consumate soprattutto in ambienti giovanili (discoteche, rave party etc.). Per altri le “Smart Drugs” si confondono molto più con le droghe naturali o droghe etniche, confinando il loro consumo ad ambienti più alternativi rispetto alla discoteca.
È possibile inoltre che il principio attivo contenuto nelle parti fresche o secche delle piante vendute come “Smart Drugs” sia presente nelle Tabelle delle sostanze stupefacenti del “testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenze” (3), ma non sia presente né la pianta, né parti di essa, il che rende automaticamente legale la sua vendita. Infatti sono legali gli “Smart Shop”, negozi presenti in diverse nazioni europee da una quindicina d’anni e specializzati nella vendita di questi particolari prodotti erboristici diversi per origine o formulazione. Gli “Smart Shop”, che in Italia sono circa un centinaio, vendono non solo “Smart Drugs” di origine naturale e sintetica (in quest’ultimo caso si tratta di capsule contenenti aminoacidi, neurotrasmettitori tipo GABA ecc.) con marchio CE, ma vendono anche prodotti destinati alla coltivazione di piante (soprattutto funghi e canapa) e prodotti accessori destinati ad ottimizzare l’effetto derivato dall’assunzione di sostanze fumabili (cartine, filtri, pipe, bong, vaporizzatori).
Inoltre questi prodotti sono “furbi” perché è anche possibile acquistarli attraverso siti web come incensi e/o profumatori con precisa indicazione del divieto per uso umano, sebbene esistano poi altri siti che spiegano dettagliatamente le modalità di assunzione di tali sostanze (ingestione, fumo di pianta secca, ecc.).
L’eterogeneità delle “Smart Drugs” si riflette nella possibilità di adottare molteplici criteri di classificazione: modalità di consumo, classe chimica di appartenenza, finalità d’uso. L’uso della maggior parte di queste sostanze origina dalla medicina alternativa/etnica, riproponendo sostanze vegetali ricavate da erbe e piante già al centro di riti tradizionali e usanze celebrative. I popoli cosiddetti primitivi conoscevano molto bene i pericoli di queste sostanze e non a caso le consideravano sostanze sacre. “Sacro” deriva infatti dal latino sacer e indica “ciò da cui si deve stare lontani.”
A partire dall’anno 2003, su incarico del Ministro della Salute, Il Reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità ha eseguito più di 500 analisi chimiche quali-quantitative e valutazioni farmacotossicologiche su più di 200 reperti provenienti da sequestri dei Nuclei Antisofisticazioni dell’arma dei Carabinieri (NAS) e delle Procure della Repubblica di diverse città. Tali reperti provengono da “Smart Shop”, erboristerie, negozi di etnobotanica e si tratta di confezioni contenenti estratti vegetali secchi con differente involucro e denominazione. SmartDrugs (4)
L’analisi e la classificazione di queste sostanze prosegue senza soluzione di continuità.
Nel 2005, su mandato del Dipartimento Nazionale delle Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato realizzato il libro “Smart Drugs” contenente le monografie delle 25 più comuni “Smart Drugs” ritenute a rischio di dipendenza per i loro effetti farmacologici (4).
In ciascuna monografia venivano fornite in primo luogo le caratteristiche tassonomiche della specie vegetale in questione, il/i principio/i attivo/i che le caratterizzava, il luogo di coltivazione, a livello di quale porzione della pianta fosse presente il principio attivo. Venivano inoltre fornite notizie sulle caratteristiche chimico-fisiche dei principi attivi, l’uso storico/tradizionale della pianta e quello invece attuale, la legislazione in materia del singolo principio attivo, le caratteristiche farmaco-tossicologiche dei principi attivi presenti nella specie vegetale in esame. In ciascuna monografia era altresì possibile ottenere informazioni sulla procedura operativa da seguire qualora si volesse effettuare in laboratorio la determinazione analitica del prodotto.
Il libro non catalogava né ordinava tutti i prodotti “vegetali” reperibili negli “Smart Shop”, ma si poneva l’obiettivo di focalizzare l’attenzione dei ricercatori e delle forze dell’ordine su quelli che sembravano essere i prodotti contenenti molecole dotate di una qualche attività psicoattiva (stimolanti, allucinogeni etc.) il cui consumo poteva dimostrarsi in qualche modo dannoso per la salute.
Il libro sulle “Smart Drugs” edito dall’Istituto Superiore di Sanità ha avuto grande diffusione sia nel mondo scientifico che sui media. Ma  in questi ultimi anni si è modificato l’uso e il consumo di queste sostanze e alcuni siti web analizzati hanno evidenziato una nuova tendenza di consumi. Sono state immesse in commercio nuove “Smart Drugs” e sono aumentate le informazioni scientifiche sull’uso e sulla tossicità di queste sostanze. Si è ritenuto quindi utile redigere una seconda edizione del libro con le monografie della prima edizione aggiornate sulla legislazione, sulle proprietà farmacologiche e sulle metodologie analitiche. Sono state inoltre aggiunte sei nuove monografie, ed un capitolo dedicato alle “Spice”, miscele di differenti “Smart Drugs”, che hanno suscitato interesse per l’azione farmacologica e tossicologica
dovuta alla presenza di più prodotti di origine vegetale e di sostanze di sintesi con effetti simili a quelli della cannabis.
Sebbene non esaustive, le notizie contenute in questa seconda edizione del libro riportano dati di nostri studi e ricerche e della letteratura internazionale in merito e forniscono informazioni utili al ricercatore, al legislatore e alle forze dell’ordine.
Bibliografia:

1. BAKER LS. “Smart drugs”: a caution to everybody. Am J Psychiatry. 1996; 153: 844-845.
2. DEAN W, MORGENTHALER J. Smart Drugs and Nutrients: how to improve your memory and increase your intelligence using the latest discoveries
in neuroscience. Smart Publications - Petaluma, CA USA 1990.
3. Decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.) n. 309 del 9 ottobre 1990 e suo testo aggiornato nel 2006 e presente nella Gazzetta Ufficiale n. 62
del 15 marzo 2006.
4. PICHINI S, PALMI I, MARCHEI E, PELLEGRINI M, PACIFICI R, ZUCCARO P. Smart Drugs. Osservatorio Fumo, Alcol e Droga, Dipartimento del Farmaco, Istituto Superiore di Sanità; ottobre 2006.
http://www.iss.it/binary/drog/cont/SD_COMPLETO_ridotto.pdf

Tisana ai semi di Finocchio: una miniera di sostanze anticancerogene !

E' questo uno dei significativi contributi scientifico che il Centro di Medicina Integrativa di Careggi ha presentato al ECIM (European Congress of Integrative Medicine) appena conclusosi a Berlino.

Afferma Fabio Firenzuoli, Direttore del Centro di Careggi "Abbiamo potuto documentare, con la letteratura disponibile e ricerche originali, che anche la banale tisana di semi di finocchio contiene numerose sostanze che in maniera sinergica possono aiutare nella lotta contro l'insorgenza di tumori. In particolare si tratta di polifenoli che inibiscono la cancerogenesi e favoriscono l'apoptosi, cioè la morte programmata delle cellule già degenerate". La scoperta più importante rimane comunque la dimostrazione che tra questi polifenoli del finocchio è presente l'EGCG, epigallocatechina-gallato, finora nota come principale agente anticancerogeno del tè verde. "Nessuno lo sapeva fin ora, neppure noi !  Aver trovato nel finocchio queste sostanze, è doppiamente importante, per la loro diretta attività protettiva, ma anche perché bloccano le SULT, cioè le Sulfotransferasi, enzimi responsabili dell'attivazione tossica dell'estragol o, sostanza presente in piccole quantità nell'olio essenziale del finocchio e dello stesso basilico". La ricerca è stata condotta in collaborazione con Matteo Floridia e Simone Cristoni (NewsService, Milano). "Sembra trattarsi di un vero e proprio  caso di sinergia naturale presente nel fitocomplesso del Finocchio" dice Alfredo Vannacci, responsabile della ricerca del Centro e ricercatore presso il Dipartimento di Farmacologia dell' Università di Firenze diretto dal Prof. Alessandro Mugelli "senza considerare che lo stesso anetolo, principale componente dell'olio essenziale del finocchio, sperimentalmente ha già dimostrato una capacità di riduzione della diffusione metastatica e potrebbe meritare attenzione anche per eventuali studi clinici". La tisana al finocchio può dunque riservare importanti sorprese, speriamo utili anche per i pazienti, comunque oltre le aspettative che vengono dal uso domestico come rimedio di tipo d igestivo.
L’attività di ricerca del Centro di Medicina Integrativa di Careggi non si ferma però alle tisane:  Alfredo Vannacci, insieme a Fabio Firenzuoli, Luigi Gori, Eugenia Gallo e Vittorio Mascherini hanno portato anche altri importanti contributi al congresso di Berlino, in particolare una ricerca che indaga la sicurezza dei prodotti a base di erbe tra i pazienti candidati a interventi chirurgici, ed una sulla percezione del rischio dei prodotti naturali da parte di un gruppo consistente di erboristi, dimostrando come sia necessaria una informazione corretta circa l'uso e i limiti di tali prodotti. Luigi Gori invece ha tenuto una comunicazione orale sulla utilità delle manipolazioni vertebrali nei pazienti con dolore di schiena benigno ricorrente, sia in termini di riduzione del dolore stesso, dell'assunzione di FANS e del ricorso ad esami diagnostici.
Il gruppo di ricerca di Careggi si propone nuovi e importanti traguardi in vista del Congresso ECIM 2012 che si terrà proprio a Firenze, con il sostegno della Regione Toscana e della stessa Università di Firenze.

Fabio Firenzuoli, Alfredo Vannacci
Centro di Medicina Integrativa, AOU Careggi
Dipartimento di Farmacologia, Università di Firenze

(tratto interamente da e-mail del 10 ottobre 2011 ore 17:14 ricevuta dal Centro di Medicina Naturale)